QUANDO I CAVALIERI DEL REGNO DI MIRANDUS AFFRONTARONO I DRAGHI

QUANDO I CAVALIERI DEL REGNO DI MIRANDUS AFFRONTARONO I DRAGHI

andrea.cesaretti@gmail.com 27 Febbraio 2021

Sono un Baby Boomer, un privilegiato perché la mia generazione ha conosciuto l’ottimismo circa il futuro e le possibilità di sviluppo professionale ed economico. Diciamolo chiaramente, quelli della mia generazione, per la maggior parte della vita, hanno faticato meno, rispetto alle generazioni successive, nel raggiungere un livello accettabile di benessere.

Poi le cose sono cambiate e anche la mia generazione, a meno di non aver incamerato privilegi precedenti, ha conosciuto la fatica.

Ma questo sarebbe un altro discorso se non fosse che quel privilegio ci ha impigrito nel senso che ci ha resi incapaci di staccarci dalle convinzioni “su come si fanno e funzionano le cose”.

In questo momento di crisi economica, questo limite lo si può constatare anche nel fatto che politici e tecnici stanno cercano la soluzione alla crisi nei vecchi testi su cui hanno studiato.

La “teoria quantitativa della moneta”, su cui si è basato anche il Quantitative Easing di Draghi, nasce da un pensiero di Niccolò Copernico del 1517, il Neoliberismo è roba della fine degli anni ’30 del secolo scorso. Ora c’è chi accusa Draghi di conversione alla MMT, la Teoria Monetaria Moderna che, in estrema (ma proprio estrema) sintesi, sostiene che il rapporto debito pubblico / PIL non è importante poiché, nella misura in cui abbia la capacità di stampare la propria moneta, un Paese può estinguere i propri debiti all’infinito e senza problemi. Detto questo, il pensiero MMT fu elaborato alla fine del XIX secolo dall’economista tedesco Georg Friedrich Knapp e ripreso da John Maynard Keynes nel suo Trattato sulla moneta nel 1930. In mezzo a tutto questo vintage, di pensiero laterale manco a parlarne.

D’altra parte gli psicologi ci spiegano che ripetitività, perdita di creatività e difesa del legame con gli oggetti del passato (come i vecchi libri di testo) sono tratti di noi anziani.

Solo che, mentre noi anziani ripassiamo gli antichi testi senza risolvere un gran ché, non ci stiamo accorgendo che i nostri figli e i nostri nipoti stanno plasmando il futuro del denaro costruendosi l’alternativa al nostro pensiero impolverato.

D’altra parte, per noi è difficile seguire una conversazione fra Millennial e fra Zoomers (giovani nati tra la metà degli anni ’80 e l’inizio di questo secolo) del tipo  “nel mio wallett ci sono criptovalute di vario tipo e le uso continuamente per comprare e vendere i Token che mi servono per fare affari sui MMORPG come Mirandus”.

Ora, se non me ne intendessi un po’ di criptovalute, Token e Blockchain, probabilmente liquiderei questa conversazione come chiacchiere fra ragazzini nerd. Invece, ho indagato e ho scoperto che “MMORPG” è l’acronimo di “Massive[ly] Multiplayer Online Role-Playing Game” ovvero gioco di ruolo in rete per multi giocatori e che Mirandus è un gioco di ruolo in rete ambientato in un mondo governato da cinque monarchi.

Il Viaggio dell’Eroe Digitale

Nel Regno di Mirandus, i giocatori possono affrontare da soli i mostri e i draghi (si può anche leggerlo con la “D” maiuscola) o unirsi a uno dei monarchi per servire come cavaliere. Fino a qui, il solito copione del Viaggio dell’Eroe e della sua lotta contro il male.

Tuttavia, nel mondo di Mirandus, i giocatori possono acquistare terre e farci speculazioni edilizie che vanno da piccole fattorie a enormi città che poi si potranno sfruttare economicamente in vari modi, ad esempio concedendole in affitto. Inoltre, altri giocatori possono istallare in quelle terre le  loro attività sui cui il proprietario può chiedere tasse per il rilascio delle licenze commerciali, applicare imposte sui redditi, eccetera. Il tutto, ovviamente a pagamento utilizzando criptovalute come ETH, PGU, Gala, eccetera.

E qui viene il bello perché lo scorso gennaio un pezzo di terra (ancorché sufficientemente grande) è stato venduto (in moneta ETH) per il controvalore di circa 800 mila dollari. Inoltre, sempre nel mondo di Mirandus sono state vendute all’asta cinque banche (si, banche) per il controvalore di 229 mila dollari, banche che fanno esattamente lo stesso mestiere di quelle fisiche che noi anziani conosciamo, frequentiamo e di cui ci lamentiamo.

Pertanto, iniziamo a prendere nota che non ci si deve lasciare ingannare dal fatto che sia tutto virtuale: il sistema economico di Mirandus è governato da persone vere che usano soldi veri. Le criptovalute sono soldi veri (anche perché servono monete tradizionali per acquistarle) e le banche di Mirandus fanno esattamente il mestiere di banca senza l’intervento di alcun regolatore se quello degli stessi giocatori.

Mettendo il naso fuori dal Regno di Mirandus, si scopre che il 7 gennaio 2021 il valore di mercato totale delle criptovalute ha superato per la prima volta mille miliardi di dollari e che la capitalizzazione di mercato di Coinbase (la piattaforma di scambio di criptovaluta probabilmente più importante del mondo), con i suoi 70 miliardi di dollari, batte quella delle banche Santander, Barclays, Credit Suisse e Deutsche Bank.

Il Milan ha lanciato il 23 febbraio scorso il suo ACM Fan Token su Binance, il più grande mercato di scambio di criptovalute del mondo. La quotazione ha portato a volumi di scambio di 50 milioni di dollari nei primi 30 minuti e la generazione di 6 milioni di dollari in valuta digitale.

Anche nel mondo della Finanza Decentralizzata (DEFI), i numeri fanno impressione: il valore totale investito nelle applicazioni DEFI che si dedicano soprattutto a servizi finanziari, assicurativi, eccetera sulla blockchain senza intermediazione di persone o entità tradizionali, nel momento in cui scrivo, supera i 33 miliardi di dollari.

I Millennials stanno plasmando il futuro del denaro

Certo, sono numeri ancora piccoli rispetto al valore dell’economia globale, ma il trend è in crescita e, in economia, sono i trend quelli che contano.

In ogni caso, questo mondo finanziario alternativo (per il momento) è appannaggio dei Millennials e degli Zoomers.

Infatti, il 29% di loro afferma di avere “molta familiarità” con le criptovalute. Al contrario, il 71% dei Baby Boomers afferma di “non avere affatto familiarità” con esse[1]. Una delle maggiori piattaforme di scambio di criptovalute, bitFlyer, dichiara che dei suoi 2,5 milioni di utenti, un terzo è rappresentato da Millennials e Zoomers[2]. Il 42% di queste generazioni prevede di acquistare Bitcoin nei prossimi cinque anni[3].

Sarebbe troppo semplice spiegare questo interesse con il fatto che stiamo parlando di “nativi digitali” cioè di una fascia della popolazione che utilizza Internet sin dall’infanzia e in cui la tecnologia e i social media incidono significativamente sul processo di socializzazione.

La tecnologia altro non è che uno degli strumenti che i Millennials hanno saputo mettere al servizio di una controcultura che, per certi versi, ricorda quella degli anni ’60 nella diffidenza, se non nel rifiuto, del pensiero e dei comportamenti mainstream.

Le ragioni di una controcultura

Non è, pertanto, la familiarità con la tecnologia la chiave per comprendere questo fenomeno. Come ho già fatto notare, alla loro età, la mia generazione di Boomers era pervasa dall’ottimismo sul futuro e sulle possibilità di sviluppo professionale ed economico. I nostri figli e i nostri nipoti sono nati e cresciuti in periodi di crisi economiche, hanno visto crollare le torri gemelle e, con loro, la sicurezze sul futuro, hanno assistito alle manipolazioni tossiche dei mercati finanziari e alla corruzione in vari settori della società.

Questi scenari spiegano il loro desiderio di autonomia, di autosufficienza e personalizzazione, desiderio che si estende al mondo della finanza. Questi giovani vogliono che sia la loro, e non quella di banchieri e broker, l’ultima parola su come gestire il denaro e, con governi e intere economie sotto lo stress di una pandemia globale, chiedono ancora più autosufficienza.

Spiegano inoltre il fatto che queste generazioni hanno livelli estremamente bassi di fiducia nelle istituzioni comprese le autorità di regolamentazione e le banche. Le criptovalute riducono al minimo la necessità di fiducia: il codice non può essere corrotto, la blockchain non può essere corrotta.

Le applicazioni decentralizzate non necessitano intermediari: la crittografia è costruita su una base di autosufficienza peer-to-peer. Con un wallet e una chiave privata si può accedere a un universo, sempre più in crescita, di strumenti finanziari. Alcuni di questi strumenti sono paralleli alle funzioni dell’economia tradizionale, altri creeranno senza dubbio concetti completamente nuovi intorno al denaro e alla ricchezza.

Giorni fa, cercavo di spiegare questo fenomeno a un altro anziano, un altro Boomer. Devo dire che è stato abbastanza illuminato da non replicare come fanno di solito gli anziani: “i Bitcoin” (perché più in là di lì non vanno) “sono tutte fregature” oppure: “servono solo per transazioni illegali”. Tuttavia ha espresso un altro pensiero tipicamente “mainstream”: “se è un fenomeno così importante, i politici ci metteranno le mani sopra” cosa su cui non ha tutti i torti.

Infatti, governi e banche centrali stanno pensando alle loro monete digitali di stato e le autorità di controllo dei mercati stanno cercando la maniera di ricondurre la finanza crypto all’interno delle regole tradizionali.

Nel primo caso, l’obiettivo è di affermare la propria potenza monetaria nel caso in cui le criptovalute diventassero uno strumento largamente diffuso. Per quanto riguarda i provvedimenti delle autorità di controllo come la SEC americana e la Consob italiana, l’obiettivo dichiarato è quello della tutela dei risparmiatori.

Almeno quest’ultimo è un obiettivo che ha una valenza etica, ma stiamo certi che nella cultura dei Millennials e degli Zoomers, quei provvedimenti saranno visti come il tentativo del Sistema di interferire nelle loro decisioni e nei loro comportamenti e, se tanto mi da tanto, provocherà solo altri slanci di creatività per creare economie parallele come quella del Regno di Mirandus. Quegli strumenti sono veri e propri sistemi economici in cui, come abbiamo visto, Millennials e Zoomers muovono milioni mentre noi, poveri anziani creduloni e supponenti, crediamo che si stiano trastullando con i videogiochi.

Non sto facendo l’elogio dell’anarchia economica ed è ovvio che ci tengo anche io alla tutela dei risparmiatori. Voglio solo ricordare che anche per i Millennials e gli Zoomers il tempo passa per cui esiste la forte possibilità che, mentre noi Boomers a poco a poco scompariremo insieme alle nostre polverose teorie, questi nuovi J.P. Morgan digitali, con i loro telefonini, saranno la soluzione per la diffusione della ricchezza nel futuro.

Per cui, invito i miei coetanei a smettere di snobbare il mondo crypto anche perché i Freud, padre e figlia, ci hanno spiegato che la negazione altro non è che un meccanismo della mente immatura incapace di apprendere e affrontare la realtà[4].

Inoltre, visto che non impariamo mai nulla dalla Storia, prima di farci prendere dallo stupore per i futuri risultati rivoluzionari dei nostri nipoti, invito anche a ricordare l’influenza dei movimenti giovanili degli anni ’60 e dei punk degli anni ’80 sull’introduzione di riforme sociali o, addirittura, sulla fine di guerre internazionali come il Vietnam e sulla fine della segregazione nelle scuole americane.

Insomma, io credo che, invece di sottovalutare i germi delle rivoluzioni, sarebbe bene cercare di comprendere se possono essere (almeno) una fra le soluzioni alla crisi economica attuale.

E, magari, usare anche un po di pensiero laterale oltre che accettare che non è un attentato all’autostima l’ammettere che le teorie monetarie che abbiamo studiato all’università (e da cui non si discostano i nostri governanti) sono obsolete.



[1] Mercator Advisory Group’s report – 2019 U.S. PaymentsInsights – Technology and Fraud: Consumer Concern Is Real.

[2] Sept. 7 report from BitFlyer.

[3] Fintech Adoption of Cryptocurrency- The Past, Present and Future, Luglio 2020, Zabo.com.

[4] The Writings of Anna Freud: 8 Volumes. New York: Indiana University of Pennsylvania. Vol. 2. Ego and the Mechanisms of Defense (1936)

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