Il pensiero mainstream (nonostante tutto)

Il pensiero mainstream (nonostante tutto)

«There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about»

E’ il brano di Oscar Wilde che noi traduciamo ” Nel bene o nel male, purché se ne parli” (Il ritratto di Dorian Gray).

Divertiti con un paio di esempi di critiche ai miei interventi:

[Utente Facebook] “Io rivaluterei anche il moto perpetuo e il volare tirandosi per i laccetti delle scarpe. Non ho molto tempo questa sera ma la butto lì: Abbiamo risolto i problemi della povertà. Qualcuno è povero? stampiamo e diamogli i soldi. Un’azienda è in crisi e sta per licenziare? stampiamo un pò di soldi e glieli diamo. Facciamo un ponte da civitavecchia e la sardegna? e che ci vuole. stampiamo e facciamo gli appalti. Perché non si fa? C’è qualche cattivone che vuol tenere la gente in miseria? Spiegatemi bene, perchè per me invece il disastro del mondo è proprio perchè girano troppi soldi. Figuriamoci se son d’accordo con gli elicotteristi pazzi”

[Utente Facebook] “… Non capire che l’art 117 della Costituzione rientra tra quelli che regolano i rapporti tra stato e regioni la dice lunga… Scusate ma un giurista che spara una sciocchezza del genere mi fa dubitare della sua sanità mentale…. “

In base a quale fenomeno, alcune persone, di fronte al fallimento della politica monetaria adottata/subita dal nostro Paese difendono il pensiero mainstream nonostante l’evidenza che la nostra economia non è al servizio dei cittadini?

Una prima spiegazione è che si tratta di un esempio di “dissonanza cognitiva“.

La dissonanza cognitiva è un concetto introdotto da Leon Festinger nel 1957 in psicologia sociale e ripreso successivamente in ambito clinico da Milton Erickson,

Le persone la sperimentano di fronte alla consapevolezza di detenere un’idea che contrasta con i fatti (io fumo anche se so che il fumo fa male).

Siccome il cervello non riesce a gestire due convinzioni contraddittorie (la dissonanza), allora mette in atto delle strategie per colmare il divario fra le due contraddizioni, tendendo a realizzare quella “più forte”: posso modificare il mio comportamento smettendo di fumare oppure posso convincermi che non fa male visto che conosco un tizio di 80 anni che ha fumato per tutta la vita.

Ciò è vero particolarmente nei casi in cui è a rischio la propria autostima: quanti sono pronti ad ammettere che continuando a professare per buono ciò che hanno studiato con fatica all’università e che rappresenta il pensiero mainstream, si stanno dimostrando degli ingenui? Meglio rimanere nel pensiero manistream  e difendere questa scelta facendo resistenza nei confronti delle idee contrastanti al fine di conservare un’immagine positiva di se stessi.

Un’altra spiegazione ce la fornisce Siria De Simone, laureanda in psicologia (e che ho avuto l’onore di avere fra i miei talentuosi studenti):

Potrebbe trattarsi del basico bisogno di appartenere all’ingroup più numeroso ed affermato.
L’appartenenza, poi, si rafforza screditando il cosiddetto “outgroup” di minoranza.
Ma la mia opinione personale è che la colpa appartenga semplicemente all’ignoranza e a quanto sia più comodo, sotto molti punti di vista, sguazzarci dentro.
Il popolo italiano è, per gran numero, un popolo di lattanti, necessitano di qualcuno che pensi e agisca per loro e ne imitano ogni gesto.
Le idee di massa e più quotate finiscono per svolgere un vero e proprio ruolo di “caregiver” nella popolazione.
Studiare, informarsi, acculturarsi e crearsi un pensiero proprio, costa troppa fatica e, in alcuni casi, disappartenenza al gruppo dominante.

Con buona pace di Gustav Le Bon e il suo “Psicologia delle Folle” che, guarda caso, viene ripubblicato da oltre cento anni.


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