IL COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA NELLE CARTOLARIZZAZIONI

IL COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA NELLE CARTOLARIZZAZIONI

Un approfondimento sulle operazioni cartolarizzate e sulle loro conseguenze.

Pubblicato su Filodiritto il 5 gennaio 2021; https://www.filodiritto.com/il-collasso-della-funzione-donda-nelle-cartolarizzazioni

Nel 1957, il fisico Hugh Everett III postulò l’esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spaziotempo, spesso denominati dimensioni parallele[1]. Lo stesso Stephen Hawking, insieme a molti altri importanti fisici, ciascuno con i propri distinguo, ha accettato l’idea dell’esistenza di universi paralleli. Purtroppo, gli universi paralleli non sono osservabili, non solo di fatto, ma nemmeno in linea teorica e, pertanto e per il momento, si rimane nel campo della filosofia piuttosto che della scienza.

Tuttavia, ciò che nel campo della fisica quantica è solo un’ipotesi, in economia è dimostrato e, addirittura, applicato. Infatti, in economia, abbiamo la prova di almeno due universi paralleli: quello dell’economia reale e quello dell’economia finanziaria. Ma non solo: gli ingegneri della finanza, in questo coadiuvati da legislatori benevoli, hanno saputo dimostrare perfino la teoria del fisico russo Andrej Dmitrievič Linde il quale, negli anni ’80, ipotizzò che la “schiuma quantistica” degli universi genitori generi ulteriori strati di universo (“bolle” nel suo lavoro), ciascuno dei quali è indipendente da ciò che accade in altre parti dell’universo[2].

Per la cronaca, l’economia reale è quella delle imprese, dei loro macchinari e dei loro impianti, è quella degli immobili e delle merci. Comprende i comparti produttivi, la distribuzione di beni e servizi e la proprietà privata. Al contrario, l’economia finanziaria è quella dei titoli e delle azioni, dei mutui, dei derivati, delle polizze e dei tassi di cambio. Comprende, ovviamente, anche tutti i protagonisti che operano al suo interno.

Secondo i manuali di economia, economia reale ed economia finanziaria sono distinguibili ma legate fra loro perché, sempre secondo i manuali, il denaro prodotto dalla Banca Centrale Europea viene immesso negli istituti di credito i quali lo redistribuiscono alle famiglie e alle imprese sotto forma di prestito.

Questo secondo i manuali perché, come già illustrato in lavori precedenti, nella realtà ciò non avviene in quanto il denaro emesso dalla BCE è servito a ricapitalizzare le banche invece che ad alimentare e rafforzare l’economia reale con le conseguenze recessive sotto gli occhi di tutti.

I due universi, dell’economia reale e di quella finanziaria sono paralleli e, purtroppo, autonomi e in quello dell’economia finanziaria viene applicata la raccomandazione che il bardo immortale mette in bocca a Falstaff nelle “Allegre comari di Windsor”: “dovresti mettere i tuoi soldi a lavorare per te“.

Peraltro, oggigiorno sono disponibili molte applicazioni pratiche sia della teoria di Everett (i due universi paralleli dell’economia reale e dell’economia finanziaria) sia di quella di Linde ovvero che l’universo parallelo dell’economia finanziaria ne genera continuamente altri con proprie regole indipendenti.

Come già accennato, l’esistenza di questi due universi paralleli, dell’economia reale e di quella finanziaria, e la loro indipendenza che nel corso degli anni si è via via accentuata, è uno degli aspetti più controversi del sistema economico in cui viviamo e operiamo. Ne avremo la prova al termine dei programmi di Quantitative Easing in tutto il mondo quando, terminati i loro effetti manipolatori del mercato, il corso dei titoli azionari dovrà necessariamente riallinearsi ai fondamentali delle imprese.

In questa sede, tuttavia, si esamina un altro esempio di dimensione parallela: quella in cui prendono vita le operazioni di cartolarizzazione degli NPL. Lo facciamo dal punto di vista dell’economista che, dopo aver constatato che le regole giuridiche poste alla base del sistema osservato non sono coerenti con le sue caratteristiche economiche, si chiede se non si tratti di giustificazioni piuttosto che di regole e si rivolge al giurista chiedendogliene conto.

NPL è un acronimo di “Non Performing Loans” che, tradotto, più o meno significa “crediti deteriorati” o “crediti inesigibili” cioè quei crediti vantati da banche e società finanziarie (mutui, finanziamenti, prestiti) che non vengono ripagati in parte o in toto dai rispettivi debitori.

La “cartolarizzazione” consiste, invece, nella cessione di quei crediti da parte delle banche a società denominate “SPV, Special Purpose Vehicle” cioè “veicoli per scopi speciali” al fine, in teoria, di “liberare” le banche dagli NPL dato che la loro presenza impedisce di erogare ulteriore credito.

Per dare un’idea del mercato delle cartolarizzazioni, la BCE stima che gli NPL delle banche dell’Eurozona possano raggiungere quest’anno i 1.400 miliardi di euro. Secondo uno studio di Banca Ifis, l’ammontare complessivo dei crediti deteriorati nel sistema italiano si attesta a 338 miliardi di euro (+5% sul 2019), e salirà a 385 miliardi di euro nel 2021[3]. La causa di tale incremento è ovviamente da ricercare nell’emergenza sanitaria che, nell’attuale sistema monetario, non poteva che diventare economica.

Tornando alle SPV, esse presentano, sostanzialmente, due caratteristiche: (a) raccolgono il denaro necessario per pagare il corrispettivo dell’acquisto degli NPL mediante emissione di titoli obbligazionari che vengono sottoscritti normalmente da investitori istituzionali e (b) inseriscono i crediti acquistati in un patrimonio separato e segregato sia dal restante patrimonio della società SPV quanto da quello risultante da ulteriori cartolarizzazioni dalla stessa eventualmente effettuate[4].

“Detto patrimonio (separato, n.d.r.) … è a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti nonchè al pagamento dei costi dell’operazione[5].

In questo modo, gli eventuali creditori delle SPV non possono rivalersi sul patrimonio segregato cioè sui crediti acquistati e le loro pretese non mettono a rischio l’investimento degli obbligazionisti.

Altri due fattori caratteristici delle operazioni di cartolarizzazione consistono nel fatto che le SPV non acquistano singoli crediti, ma “masse” di crediti e che il prezzo pagato per tali acquisti, calcolato sulla base di modelli statistici oggi previsti da regolamenti UE[6], è di gran lunga inferiore al valore nominale del credito residuo dovuto dal debitore alla banca o alla società finanziaria. Infine, le SPV si avvalgono di altri soggetti (“Servicer”) per il recupero e l’incasso dei crediti.

A fronte di tutto questo complesso meccanismo, gli obblighi del debitore restano tuttavia invariati poiché il modello adottato è quello della “cessione pro soluto”. Pertanto, a voler prendere per buono il dettato di legge, il debitore resta obbligato al rimborso del valore residuo del credito a prescindere dal prezzo pagato dalla SPV come pure restano efficaci le eventuali garanzie prestate a supporto di tale rimborso.

Tale principio è codificato nella legge sulle cartolarizzazioni (L. 130/1999) e nel Codice Civile e, pertanto, appare definitivo.

Tuttavia, visto con gli occhi dell’economista risulta una forzatura.

Metamorfosi, s. f.: trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa (Treccani)

L’economista, infatti, quando osserva il sistema delle cartolarizzazioni, si confronta con un sofisticato susseguirsi di trasformazioni delcredito originario che iniziano nel momento in cui esso, dall’universo dell’economia reale, viene teletrasportato in quello dell’economia finanziaria. Chissà quanta invidia fra la comunità dei fisici quantistici.

Nell’economia reale. la concessione del credito viene svolta dalle banche nell’ambito della loro “funzione allocativa” la quale, in estrema semplificazione, è il trasferimento di fondi da un operatore economico (in questo caso la banca) in posizione di surplus finanziario a operatori economici in posizione di deficit finanziario (es. famiglie e imprese).

Tale trasferimento, in una visione complessiva di un sistema sociale, realizza la “situazione di equilibrio” tra risparmio (surplus) e investimento (deficit) con effetto, tuttavia, moltiplicatore perché gli operatori, famiglie e imprese, utilizzano i fondi ricevuti per il soddisfacimento dei bisogni attraverso il consumo, ma sempre all’interno dell’economia reale.

Spingendoci ancora più avanti, il trasferimento dei fondi attraverso la “funzione allocativa” della banca (e il loro successivo utilizzo) contribuisce pertanto al sostegno e allo sviluppo del Prodotto Interno Lordo dell’intero sistema economico.

 Con la cartolarizzazione, avvengono tre trasformazioni in capo al credito: il suo trasferimento dalla dimensione dell’economia reale in cui si era formato il contratto originario a quella dell’economia finanziaria, la trasformazione della sua originaria funzione di soddisfacimento di bisogni reali in funzione di garanzia a favore dei sottoscrittori delle obbligazioni e la trasformazione del suo importo dal valore dei bisogni per cui fu a suo tempo contratto a quello sufficiente e necessario per la garanzia a favore degli obbligazionisti.

Perfino in capo alla figura del creditore avviene una trasformazione: colui che ufficialmente ha acquistato il credito (la SPV) non è più tale perché l’eventuale incasso del credito non avviene a suo favore, bensì a favore dei sottoscrittori delle obbligazioni.

Ulteriore prova del fatto che l’interesse da tutelare è quello di questi ultimi e non quello della SPV, risiede nella garanzia concessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) sulle passività emesse nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione introdotta con la Legge 49 del 2016 che “copre i detentori dei Titoli senior per l’ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute per capitale e interessi[7].

Il credito oggetto della cessione è pertanto finito, con valore trasformato, in un mondo chiuso (il patrimonio segregato) facente parte dell’universo parallelo dell’economia finanziaria, governato da un sistema il cui unico scopo è il soddisfacimento degli investitori e dove il credito non ha altro motivo di esistere se non come garanzia per questi ultimi e non certo per soddisfare l’acquirente del credito (la SPV) che, a questo punto, non può che essere definito quale apparente.

Ma c’è di più. In un caso in cui mi sono personalmente imbattuto, il sottoscrittore era una società del Delaware che aveva tutta l’aria di società offshore; in un’altra i titoli obbligazionari erano quotati nella borsa valori delle Isole del canale. In casi come questi, al fatto che la controparte economica del debitore non è più l’acquirente del credito, si aggiunge la circostanza che egli viene coinvolto, suo malgrado, in operazioni con controparti con le quali, probabilmente, non vorrebbe avere nulla a che fare. Con buona pace di tutte le formalità antiriciclaggio a cui sarà stato sottoposto all’epoca in cui ha richiesto il finanziamento alla sua banca.

A ciò e a riprova del fatto che le SPV sono solo acquirenti apparenti, si fa notare che la maggior parte delle SPV sono scatole vuote con il minimo di capitale previsto per le società a responsabilità limitata (10.000 Euro), non hanno dipendenti né immobilizzazioni e rispetto alle quali, come detto, la massa dei crediti acquistati è separata e segregata.

La spiacevole conseguenza di tale configurazione è che, in caso di soccombenza della SPV, il debitore non ha possibilità di rivalersi proprio su alcunché.

Riduzione: atto ed effetto del ridurre e del ricondurre (Treccani)

L’altra metamorfosi tipica delle cartolarizzazioni riguarda il valore del credito (sempre che si possa ancora definire “credito”) che all’interno del patrimonio segregato non è più quello del debito residuo bensì è mutato in una quantità inferiore pari al prezzo pagato per il suo acquisto e al valore nominale delle obbligazioni emesse per finanziare tale acquisto.

Abbiamo anche detto che, nonostante tale circostanza, a termini di legge, il debitore resta obbligato al rimborso del valore residuo del credito. Al contrario, tutte le metamorfosi che abbiamo descritto stimolano domande sostanziali quali: “stiamo ancora parlando dello stesso credito? Oppure ci troviamo di fronte a un oggetto che non ha più nulla a che vedere con il credito originario? E tutte quelle trasformazioni quanto e come incidono sull’obbligazione del debitore? In soldoni: a questo punto, quanto è tenuto a pagare?”

In economia, il valore è una misura del beneficio fornito da un bene o servizio al soggetto interessato a quel bene o a quel servizio. Poiché viene misurato in relazione alle unità di valuta, il valore è dato dalla risposta alla domanda “qual è la quantità massima di denaro che uno specifico soggetto è disposto e in grado di pagare per il bene o servizio?”

Orbene, il beneficio che si aspettava il creditore originario (la banca che ha concesso il credito) era costituito dagli interessi previsti nel contratto di prestito, ma ora, come abbiamo visto, tutto è cambiato e, grazie alle varie metamorfosi, il credito ha cambiato la sua funzione ed è diventato una garanzia per gli investitori nelle obbligazioni. Il credito, in altre parole, è stato messo al loro servizio e, pertanto, sono loro che ora si aspettano un beneficio, beneficio che altro non è che l’ammontare degli interessi calcolati sul valore del prestito obbligazionario (il quale è pari al prezzo d’acquisto del credito) al tasso previsto dal prestito stesso a far data dal giorno di emissione delle obbligazioni. Oltre, naturalmente, al rimborso del capitale investito che, ripetiamo, altro non è che il prezzo pagato per l’acquisto del credito.

Per andare sul concreto, nel caso esposto poc’anzi relativo alle obbligazioni quotate nelle Isole del Canale, il credito originario era di circa 18.000 euro e fu ceduto (rectius: cartolarizzato) a una SPV “scatola vuota” per il prezzo di poco più di 3.000 euro il 29 marzo 2012. L’acquisto fu finanziato con un prestito obbligazionario il cui tasso d’interesse medio era del 5% in ragione d’anno. Pertanto, se si prendesse come data di pagamento del credito o, meglio, come data di erogazione del beneficio all’attuale avente diritto, quella del 29 marzo 2020, l’importo di tale beneficio sarebbe di circa 1.600 euro. In sintesi, ciò che il soggetto al cui servizio è stato messo il credito in questione si aspetta in tale data è 4.600 euro (3.000 euro di capitale più 1.600 euro di interesse).

Premesso tutto questo, “a che titolo la SPV, che peraltro non è il soggetto beneficiario degli effetti del credito, può chiedere un pagamento superiore a quest’ultimo importo?”

Poi ci si deve anche chiedere perché, in dieci anni, non è stato chiesto il pagamento del credito (salvo qualche telefonata con toni più o meno arroganti il cui valore legale al massimo è quello dello stalking).

Si perché, almeno per quanto concerne la mia esperienza professionale, ho potuto notare che l’inerzia è un’altra delle caratteristiche delle SPV, cosa che mi stimola un’ulteriore domanda: “al netto di tutte le considerazioni circa le prescrizioni del credito e dei suoi accessori (ancorché questione effettivamente rilevante), come si giustifica un tale comportamento? Con il fatto che l’acquirente del credito (la SPV) è un creditore soltanto apparente visto che il credito non è nel suo patrimonio, ma in quello segregato e il beneficiario non è lei, ma gli obbligazionisti? Oppure, in fin dei conti, non interessa incassare quel credito perché le obbligazioni vivono di vita propria e, se quotate, gli obbligazionisti possono venderle sul mercato o, in alternativa, “Over The Counter” e, quindi, il beneficio lo ottengono comunque in altro modo?”

Credo che siamo tutti d’accordo che, questo è un altro bell’effetto della separazione dell’economia finanziaria da quella reale. Peccato però che il debitore viva nell’economia reale con una segnalazione in Centrale Rischi che gli impedisce perfino di comprarsi un telefonino a rate e questo mi fa pensare che, in effetti, esiste una differenza fra gli universi paralleli dell’economia e quelli della fisica quantica. In questi ultimi, ciascun universo vive di vita propria senza incidere su quella delle altre dimensioni, mentre gli abitanti dei mondi paralleli della finanza hanno la capacità di influire nelle esistenze dell’economia reale. Purtroppo, come visto, non sempre in maniera costruttiva.

Questa influenza è nefanda anche sotto il profilo psicologico perché le persone si trovano di fronte a un mondo che non comprendono più. Perché, un tempo, si poteva andare in banca e parlare con un direttore che aveva i piedi ben piantati nell’economia locale, giudicava le persone per quello che realmente sono, per la loro capacità (o meno) di raggiungere i loro obiettivi e ora, invece, gli impiegati trattano tutti come farabutti anche se non hanno i conti in rosso? Perché le persone devono ricevere telefonate da un call center straniero che chiede il rimborso di un debito contratto con la cassa rurale del loro paese fra le colline e con il quale non c’è modo di intavolare una trattativa che abbia un senso?

Ha ragione lo psicoterapeuta e giurista Mauro Scardovelli quando afferma che questo nuovo mondo, in cui l’economia reale e quella finanziaria sono completamente scollegate nonostante il buonismo dei manuali, porta le persone ad avere una mente annebbiata, confusa e in continua dipendenza emotiva e cognitiva che, in ultima analisi, diventa paura. E mi viene il sospetto che sia su questa paura che i Servicer fanno leva quando telefonano per chiedere un pagamento di 18.000 euro a fronte di un credito pagato 3.000.

Cortocircuito (più com. córto circùito) s. m.: danno a impianto elettrico causato dall’aumento della corrente circolante (Treccani)

In conclusione, mi rendo conto che in queste righe ho messo più domande che risposte, ma avevo avvisato che l’economista avrebbe chiesto conto al giurista dell’incoerenza fra regole giuridiche e caratteristiche economiche e, comunque e se non ricordo male, Einstein disse che “l’importante è non smettere di fare domande”.

Gli interrogativi sorgono perché il tema di queste righe non è di poco conto. Questo Paese ha necessità di fare ripartire i consumi e il Prodotto Interno Lordo e per farlo deve mollare tutti i freni. Uno di questi freni è la situazione di stallo in cui molte famiglie e imprese si trovano per effetto di vecchi debiti che giacciono nella dimensione parallela delle cartolarizzazioni la cui conseguente iscrizione nelle centrali rischi impedisce a quelle persone e a quelle imprese di ricorrere ad altro credito per ripartire o svilupparsi.

Certamente ci sono crediti non ripagati in malafede, ma molti altri derivano da cambiamenti repentini del sistema che, a fronte del cambiamento, non ha previsto ammortizzatori. Mi riferisco, per esempio, ai casi in cui un’impresa era affidata presso due istituti che a seguito della loro fusione hanno dimezzato l’affidamento, ai casi in cui l’imprenditore si è sentito chiedere, dalla sera alla mattina, il rientro dai fidi in una telefonata del direttore della banca che ha attaccato il disco rotto “non posso fare nulla, ora c’è Basilea 2”, ai casi in cui un componente della famiglia ha perso il lavoro e non ha più potuto saldare le rate della cucina comprata a rate. Mi riferisco al fatto che, per tanto tempo, lo stesso sistema che oggi “gioca” con gli NPL è quello che ha erogato credito senza tanti distinguo. Ci ricordiamo tutti quando alcune catene di elettrodomestici permettevano di comprare solo ed esclusivamente a rate imponendo il finanziamento di una società finanziaria. E potrei continuare.

Per cui, se vogliamo far ripartire il sistema economico e i consumi e ridurre il divario fra debito pubblico e Prodotto Interno Lordo, è venuto il momento di mettere da parte i principi morali del tipo “i debiti vanno pagati” che è un principio corretto, ci mancherebbe, ma che non è più il caso di generalizzare. Oggi occorre essere pragmatici e, se l’analisi di queste righe ha un fondamento, si potrebbe iniziare dal riallineare il valore dei crediti in sofferenza cartolarizzati con i prezzi pagati dalle SPV per il loro acquisto e depennarli dalle centrali rischi.

Ci vuole pragmatismo, ma anche una buona dose di coraggio perché ricordo bene il mio primo giorno di lavoro in una banca d’affari internazionale quando il direttore generale mi catechizzò dicendomi “ricorda che alla finanza serve la politica e alla politica serve la finanza”.

Sarà così, ma se è così, è ora di fare il corto circuito.


[1] Hugh Everett, Theory of the Universal Wavefunction, Thesis, Princeton University, (1956, 1973), pp 1–140.

[2] Shamit Kachru, Renata Kallosh, Andrei Linde, Sandip P Trivedi, De Sitter vacua in string theory, (2003), Physical Review D. 68.

[3] Scenario contenuto nell’Osservatorio sugli Npl di Banca Ifis presentato al convegno ‘Npl Meeting The New Wave’ di Cernobbio (Como) il 30.9.2020.

[4] cfr. art.1, co.1, lett. b, L. 130/1999.

[5] Cass. Civ., Sez.Trib., 27/5/2015, n.10885.

[6] Regolamento (UE) 2017/2401 e Regolamento (UE) 2017/2402.

[7] Sito del MEF; http://www.dt.mef.gov.it/it/attivita_istituzionali/interventi_finanziari/gacs/.

Se ti è piaciuto, perché non condiverlo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *